La USL in TV - Il diabete nella comunità cinese: un ponte con l’ospedale di Prato contro la malattia

Scritto da Paola Baroni 

Ambulatorio cinese 2

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Un ponte tra la comunità cinese e l’ospedale di Prato, costruito grazie alla perseveranza dei professionisti della Diabetologia del Santo Stefano e il coinvolgimento dei bambini cinesi

, ripagata da un lato da un ambulatorio dedicato, dall’altro dalla sensibilizzazione verso la patologia diabete da parte di una comunità che sembra essere la più esposta a questa malattia. Dei circa 18mila pazienti diabetici noti a Prato e provincia - ma 21mila se si considerano anche i malati che non sanno di avere questa patologia – molti sono cittadini di nazionalità orientale. “La popolazione cinese non conosce il concetto di dolce nella propria alimentazione – ha spiegato a Tv Prato nella trasmissione di informazione sanitaria dell’Azienda, il direttore della diabetologia del San Stefano di Prato, Maria Calabrese - come non esiste nella cucina tradizionale cinese un elevato utilizzo di grassi. Arrivano in Occidente e adottano uno stile di vita completamente diverso”. Novemila sono i pazienti diabetici che si rivolgono alla diabetologia del Santo Stefano, di cui gran parte di nazionalità cinese. La comunità orientale sembra ora aver recepito l’attività di educazione sanitaria e terapeutica messa in atto in questi anni dall’Azienda: lo testimonia l’ambulatorio dedicato dentro il Santo Stefano a cui la popolazione cinese sa oggi di poter fare riferimento tre pomeriggi alla settimana. “Qui vengono addestrati al monitoraggio glicemico. La maggiore resistenza da parte dei pazienti cinesi – ha sottolineato Sandra Guizzotti, l’infermiera dell'ambulatorio - è mettere nel loro contesto sociale e lavorativo una terapia come quella insulinica che impegna molto”. In termini di educazione sanitaria al diabete, il risultato positivo con la comunità orientale è merito anche dei bambini cinesi: a loro, ai piccoli della primaria e ai più grandi delle primarie di primo grado, si sono rivolti gli operatori che sono entrati nelle scuole, nella convinzione che dal cambiamento nei più piccoli di abitudini alimentari sbagliate possa passare anche quello dei loro genitori.

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